
Non ce ne vorranno i detrattori di Moggi, non ce vorranno quelli che cercano di occultare la verità e i carissimi garantisti, un tempo giustizionalisti.
Martedì dal cilindro dell'accusa è saltato fuori un grosso coniglio e nessuno se ne è accorto...cioè..proprio nessuno nessuno...
Ci siamo accorti in molti come un altro testimone dell'accusa ha praticamente deposto a favore della difesa, sconfessando quanto detto nei famosi interrogatori.
Non ce ne voglia il Tg1, che racconta la sua versione dei fatti, ma la deposizione di Mancini stupisce tanto quanto un grosso coniglio uscito dal cilindro.
Fortunatamente non ha stupito solo quelli che pensano che Calciopoli sia stata condotta in modo a dir poco "strano", ha colpito anche i giustizionalisti e primo tra tutti il signor Ziliani...che non manca mai per "le sue parole dolci" verso la Juventus.
Di seguito un estratto dal suo articolo:
In un colpo solo, con i 15 minuti di deposizione (agghiacciante) resa martedì a Napoli, Mancini ha fatto passare il seguente doppio messaggio: 1) “Quando con l'Inter perdevo e accusavo la Juventus (e il Milan) di imbrogliare, dicevo il falso e lo facevo tradito dal mio temperamento”; 2) “Quando dopo Calciopoli ho vinto uno scudetto a tavolino e due sul campo, l'ho fatto senza merito: qualcuno aveva mandato in B la Juve e penalizzato il Milan, ma non era il caso, davvero, perché erano cose che facevano tutti”. Praticamente, a mio parere, il signor Ziliani da del coniglio a Mancini per non aver ripetuto le accuse che lo stesso aveva fatto contro Moggi nel 2006.
Caro Ziliani, è vero, se una persona, sotto giuramento, non ripete le cose che aveva o non aveva detto sotto interrogatorio è un coniglio...
Facciamo un ragionamento, quindi: quanti sotto giuramento hanno ripetuto quanto avevano sostenuto sotto interrogatorio? Quali sono le prove tangibili dai forse, dai sentito dire...etc...
I vari testimoni dell'accusa che fino ad oggi si sono presentati, sono stati efficaci o meno.... vogliamo parlare del colonnello Auricchio e dei suoi non ricordo tre le risate generali del tribunale.
Mancini forse in questi 4 anni ha ripensato a quello che aveva detto e forse quello che aveva detto era figlio della rabbia del momento...
Non avrei mai pensato di ringraziare Mancini, ma se Mancini ha detto la verità, perchè sotto giuramento si dice la verità, lo ringrazio...
E quindi... caro Ziliani, dopo barboni... saremo tutti conigli....purtroppo piaccia o non piaccia i testimoni dell'accusa...stanno testimoniando a favore della difesa...ma nessuno lo dice... forse i conigli in Italia.. sono tanti tanti...ma sono da ricercare al di fuori dal tribunale e tra coloro che nel 2006 avevano distrutto con le loro parole di fiele la Juventus.
Di seguito l'articolo di Ziliani, tratto dal suo sito
Quando due estati fa, in totale controtendenza con l'opinione prevalente nei mass-media italici – riassumibile nella frase: “non è possibile licenziare l'allenatore che ha vinto gli ultimi tre scudetti” -, scrivevamo che Moratti aveva fatto benissimo ad ingaggiare un grande come Mourinho e a disfarsi di una mezza tacca come Mancini, eravamo certi di quel che scrivevamo: e il tempo è stato galantuomo. Ebbene, a distanza di due anni, a conferma della bontà della posizione presa, è successo un fatto nuovo (che non ha nulla a che vedere con la Champions vinta dall'Inter 45 anni dopo Herrera): e il fatto nuovo è che Mancini, dopo aver dimostrato di essere una mezza tacca come allenatore, ha dimostrato di essere una mezza tacca anche come uomo. È stato indecoroso lo spettacolo che Mancini, testimone d'accusa nel processo-Calciopoli, ha dato martedì al tribunale di Napoli: l'ex allenatore dell'Inter, novello dr. Jeckill e mr. Hide, chiamato a deporre nel processo contro la Cupola si è trasformato come d'incanto nel più formidabile teste a difesa di Moggi & company. Ma con la sua balbettante deposizione, tutta a base di “probabilmente”, “non ricordo”, “lo facevano tutti” e “sono cose che si dicono nella foga del momento”, Mancini non si è limitato a fare un favore a Moggi, ma ha ottenuto l'incredibile risultato di rendere ridicolo il suo passato (e quindi la sua figura) di allenatore.
Ricapitolando: dopo aver passato anni sulla panchina dell'Inter a scattare come un tarantolato contro i Trefoloni e i Rosetti di turno, a lanciare accuse contro un sistema arbitrale giudicato troppo contiguo a Moggi e a giustificare sconfitte e terzi posti con le prepotenze subite da un Palazzo che agiva con le modalità dell'apparato mafioso, dopo aver diviso il podio degli anti-Moggi con Zeman e Franco Baldini, a scandalo scoperchiato e a condanne comminate sia in sede di giustizia sportiva (Juventus in B), sia in sede di giustizia penale (3 anni per associazione a delinquere a Giraudo e Lanese nel rito abbreviato del processo-Calciopoli, un anno e mezzo a Moggi per violenza privata e minacce nel processo-Gea), Mancini è riuscito nell'impresa di schierarsi contro l'evidenza, diremmo contro la storia, ingranando una grottesca e catastrofica – per la sua immagine - marcia indietro. Calcolando male il peso delle sue parole, però. Perché se è vero che i campionati trascorsi a frignare, strepitare e lanciare accuse contro la banda-Moggi non erano poi così irregolari come Mancini voleva farci credere, e le cose che Roberto diceva e le accuse che apertamente lanciava erano “sfoghi dettati dalla foga del momento” (ha detto proprio così, il prode Mancio, sotto giuramento al tribunale di Napoli), allora la conclusione è una sola: Mancini era un allenatore scarso che perdeva le partite per incapacità e non sapendo perdere dava la colpa agli altri. Il classico inetto, insomma, incapace di accettare il verdetto del campo. Un piagnone.
In un colpo solo, con i 15 minuti di deposizione (agghiacciante) resa martedì a Napoli, Mancini ha fatto passare il seguente doppio messaggio: 1) “Quando con l'Inter perdevo e accusavo la Juventus (e il Milan) di imbrogliare, dicevo il falso e lo facevo tradito dal mio temperamento”; 2) “Quando dopo Calciopoli ho vinto uno scudetto a tavolino e due sul campo, l'ho fatto senza merito: qualcuno aveva mandato in B la Juve e penalizzato il Milan, ma non era il caso, davvero, perché erano cose che facevano tutti”.
Domanda: un voltafaccia così, roba che al confronto quello di Capello ai tempi della Roma (“Non potrei mai allenare un club di malaffare come la Juventus”) impallidisce, come si spiega? Detto che Mancini sta al coraggio come Giuda sta alla fedeltà, l'invereconda commedia recitata nell'aula del tribunale di Napoli che motivazioni ha? Forse Roberto sta provando ad ingraziarsi il mondo-Juve che un pensierino a lui, nel dopo-Ferrara, l'aveva fatto? A pensar male si fa peccato ma a volte s'indovina. E forse Mancini, nel timore che dopo il fallimento del suo primo anno al City (il 4° posto-Champions finito al Tottenham) arrivi anche il secondo fallimento targato 2010-2011, ha solo voluto mandare un messaggio al popolo Juve: mi genufletto, mi cospargo il capo di cenere e mi do a voi anima e corpo.
Nel caso abbiate bisogno, in futuro, fate uno squillo.