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martedì 28 giugno 2011

TASTIERA VELENOSA: SEMPRE MENO JOHNNY DEEP SEMPRE PIU' ....


Da anni siamo sostenitori di una cosa: alle società deve essere riconosciuto il giusto valore, in base a quanto producono e a quanto valgono. Ogni società deve essere capace di basarsi su risorse certe date dal reale valore di mercato. La legge Melandri, che non finiremo di ripetere è stata frutto di un'assurda congiuntura sfavorevole astrale coincisa con la presidenza di tal Guido Rossi, non ha fatto altro che portare confusione e non attribuire il reale valore a chi produce spettacolo.

Se consideriamo la serie A come un prodotto di entertaiment, distribuire le risorse secondo i parametri che sono stati palesati in questi giorni sarebbe come far suddividere a un cast cinematografico le risorse in base al caso o con delle ricerche demoscopiche totalmente fuorvianti.

La domanda che ci siamo fatti, prendendo ad esempio una saga Disney come Pirati ai Caraibi è: paghereste Johnny Deep come Kevin McNally? Johnny Deep è il capitano Jack Sparrow, protagonista della sega, sicuramente uno dei personaggi che spinge la gente ai botteghini, li spinge a pagare il biglietto, li appassiona. Kevin McNally, invece è il prode Gibbs, sicuramente un personaggio importante, ma che preso singolarmente non spingerebbe nessuno al box office.

La nuova spartizione dei diritti tv spinge verso una direzione chiara: la serie A sarà sempre meno ricca di Johnny Deep e sempre più piene di Kevin McNally. Ovvero, sempre meno stars e sempre più comprimari, sempre meno internazionalizzazione e sempre più provincialismo. E' giusto garantire le risorse a tutti, ma non si può seguire la logica evidenziata in questi giorni in cui la forbice tra stars e "brave comparse" si riduce.

La Juventus è chiaramente la squadra più amata d'Italia, ma seguire quest'ottica di depauperamento delle risorse dai diritti tv, che in Italia valgono il 50% dei ricavi è un'azione riprovevole. Secondo noi l'ottica giusta per la ripartizione rimane la legge di mercato e andrebbe definita dalle tv. Le tv (Sky e Mediaset, anche se quest'ultima in palese conflitto di interessi), dovrebbero definire il valore, perchè solo loro e gli inserzionisti pubblicitari danno il valore a un evento, dalla singola partita, fino all'intervista. Non vogliamo essere presuntuosi, ma l'intervista al portiere della Juventus non ha lo stesso peso di quella del portiere del Novara, come il cachet di Johnny Deep non è quello di Kevin McNally.Se la lega, la federazione e le istituzioni non capiranno che in questo modo si aumenta la competitività nazionale a discapito di quella internazionale, il calcio italiano si infilerà o peggio si è già infilato, in un pericoloso imbuto da cui sarà difficile uscirne. All'estero, per esempio in Spagna, Real Madrid e Barcellona, si spartiscono il 50% delle risorse. In Italia ci sono tre società che si spartiscono il 50% delle risorse ma con i nuovi parametri questa fetta sarà ancora minore.

Un controsenso, la domanda che vorremmo fare per esempio a De Laurentiis, è: "pagherebbe Johnny Deep come Kevin McNally, per un suo film"?

Ieri Andrea Agnelli ha parlato chiaramente di questo tema, citanto la meritocrazia ("togliere le risorse alle big italiane, danneggerebbe il calcio italiano"). A nostro avviso, su questa partita si giocherà il futuro della Juventus, che nel recente passato basava il 50% delle risorse dai diritti tv. Se non si riusciranno a far valere i propri diritti mantenendo quei diritti acquisiti (giustamente) tramite la negoziazione diretta con le tv, la strada per far tornare la Juventus sul tetto, sarà ancora più lunga e difficile.

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