Abbiamo letto con attenzione l'articolo di un maestro di giornalismo, come Gianni Minà e siamo rimasti un pò rammaricati.
Da una parte per i contenuti, dall'altra per le valutazioni.
Ci dispiace che vengano messi dubbi sulla Juventus e sulle vittorie bianconere 1994-2006, con delle semplici valutazioni senza considerare che la Juventus è stata l'unica società ad essere perseguitata, prima per il doping e poi per Calciopoli mentre tutte le altre squadre facevano o praticavano la stessa cosa.
Se dal punto di vista etico può essere tutto sbagliato, va detto che quello è stato il mondo del calcio di quegli anni.
L'avvocato Chiappero al processo doping (fatto solo per la Juventus, lo ricordiamo)dichiarava: «è importante sapere come si siano comportati gli avversari, non per adottare il principio del “così fan tutti”, ma per comprendere quale fosse, nell’ambiente calcistico, l’atteggiamento verso i farmaci»..
Potremmo riprendere la stessa frase per Calciopoli dove l'analisi pretestuosa e fatta a senso unico ha voluto dimostrare che la Juventus e il Milan fossero a capo di un sistema, che non esisteva. C'erano altre telefonate erd era "l'atteggiamento del mondo calcistico".
Invitiamo coloro che "mantengono un'etica giornalistica" a dimstrarci con prove che gli arbitri che favorivano la Juventus hanno determinato partite. Invitiamo coloro che sono "soloni" e amano "fare le inchieste" di mostrarci le partite truccate.
Siccome non ci sono rimaniamo convinti che Calciopoli sia stata una truffa orgzanizzata, scegliete voi da chi e quando.
Con Gianni Minà siamo d'accordo su due cose:
Primo che "il Milan avrebbe dovuto pagare quanto la Juventus", se preferite la retrocessione con i parametri Palazzi, secondo i nostri con nulla, visto che quello era il sistema calcio.
Secondo: che certi giornalisti si sono dimenticati dell'etica. Quell'etica che dovrebbero avere nel raccontare allo stesso modo lo scandaloso processo di adesso, come fecero nel 2006, usare la stessa enfasi e spiegarci come mai ora ci sono errori arbitrali più e come allora.
Purtroppo certe spiegazioni non ce le danno, allora rimaniamo convinti sulle nostre posizioni, che a differenza di altre sono dimostrabili con fatti, numeri e dati, che "piaccia o non piaccia" non sono aleatori come delle telefonate, delle intercettazioni o delle cartelle mediche che riportano analisi solo di una squadra.
articolo Gianni Minà da il Fatto Quotidiano
Gianni Minà per “Il Fatto Quotidiano”
Andrea Agnelli, giovane presidente di belle speranze della Juventus, ha annunciato una battaglia per tentare di recuperare gli scudetti del 2005 e del 2006, tolti al suo club dalla Federcalcio per accertato (fino a prova contraria) uso improprio degli arbitri e dei guardalinee, in combutta con il Milan che però, ingiustamente, se la cavò solo con un po’ di punti di penalizzazione. E questo nonostante il provato coinvolgimento del trattore Leandro Meani, dirigente ufficiale del Milan addetto agli arbitri, nel condizionamento dei guardialinee scelti per le partite dei rossoneri.
La Juventus invece, fu retrocessa in Serie B, campionato dal quale è riemersa immediatamente, riguadagnando con una nuova dirigenza credibilità e rispetto. La mente del condizionamento dei direttori di gara era, secondo la giustizia sportiva che ha tolto alla Juventus quegli scudetti, Luciano Moggi, ex vice capostazione di Civitavecchia diventato nel tempo il Richelieu del patetico calcio italiano.
Questa tesi ha trovato d’accordo anche la giustizia ordinaria che, infatti, sta processando Moggi al Tribunale di Napoli. Andrea Agnelli, però, ha già fatto presente che la sua idea su Moggi è diversa dai convincimenti dei pubblici ministeri di Napoli e ha affermato di stimare Lucianone.
Un atteggiamento meno cauto di quello di suo papà, Umberto che, alla Juventus, si avvalse della collaborazione del più spericolato manager del calcio professionistico italiano senza insignirlo subito di cariche ufficiali ma scritturandolo solo quando fu sanata da una prescrizione l’accusa di incitamento alla prostituzione sulla quale Moggi era scivolato quando lavorava per il Torino e aveva ingaggiato alcune simpatiche escort per gli arbitri che dovevano dirigere le partite di Coppa Uefa dei granata.
Andrea Agnelli evidentemente è convinto che nel processo sportivo di quella malefica estate del 2006, la Juve non fu difesa a dovere anche se la linea che accettò la retrocessione in Serie B fu scelta, dopo aver consultato le carte e aver ascoltato le registrazioni, dall’avvocato Zaccone, juventino doc e indiscutibile principe del foro di Torino.
Non a caso, nell’Assemblea dei soci bianconeri qualche mese dopo, toccò proprio a Boniperti, campione e presidente leggendario, spiegare ad alcuni azionisti della società, non disposti ad accettare la punizione e il nuovo destino della squadra, che “non c’era proprio nulla da fare” e che “sarebbe potuto andare anche peggio”.
Ma quello che una parte dei tifosi non accetta e che Andrea Agnelli sembra avallare, non è solo la cancellazione di due scudetti quanto il fatto che uno di questi sia stato assegnato all’Inter dal commissario Guido Rossi (scelto dal Coni per condurre la Federazione in quella pericolosa procella). Ora la diatriba non meriterebbe più attenzione di tante storie contraddittorie della nostra società se da mesi, ormai, nella maggior parte dei mezzi di informazione, che si occupano quotidianamente di calcio, non si percepisse latente, in un’Italia già tanto amorale, una nostalgia per Moggi e i suoi metodi.
Un atteggiamento colpevolmente dimentico che per la giustizia sportiva, dove i tentativi di delinquere pesano spesso più della riuscita o meno del misfatto messo in atto, la Juventus della “triade” (Giraudo, Moggi e Bettega) aveva subdolamente violato le leggi più elementari non solo dello sport ma della giustizia civile, con un’arroganza palese e offensiva (basta rifarsi alla famosa distribuzione delle schede telefoniche svizzere agli arbitri corrotti).
Senza contare, inoltre, che la giustizia ordinaria aveva già condannato a tre anni, per truffa e frode sportiva, l’amministratore delegato della Juventus di allora Antonio Giraudo, che aveva scelto il patteggiamento.
vlj38 triadejuve moggi giraudo bettega
I paladini di Moggi, così come nel 2006 facevano finta di ignorare le logiche della giustizia sportiva, ora cercano di avallare l’interpretazione secondo la quale chi parlava con i due designatori degli arbitrari (cioè il calcio italiano al completo) commetteva lo stesso reato di chi, come Moggi, non solo teneva sotto schiaffo, anche a nome del Milan, tutte le strutture del nostro football, ma letteralmente dettava nei particolari ai due sciagurati responsabili delle scelte, Bergamo e Pairetto le griglie di designazione degli arbitri e dei guardialinee.
Non è proibito parlare al telefono o raccomandarsi, come faceva Facchetti, semmai è poco elegante. E’ proibito, invece, nello sport e nella vita, imporre, ricattare, mettere in piedi meccanismi perversi, insomma condizionare aggressivamente le regole che fanno convivere un mondo. Io non so se i Pm di Napoli riusciranno a provare l’associazione per delinquere (anche se il GUP, su giudizio abbreviato riguardante Giraudo, c’è già riuscito), ma il contesto squallido rimane e spiega l’attuale pochezza del nostro football presuntuoso ed avido.
È miserrimo avallare capziosamente la tesi, molto berlusconiana, di un complotto del quale sarebbero complici da Guido Rossi al Procuratore federale Palazzi, dal colonnello dei Carabinieri Auricchio, che ha svolto l’indagine su Calciopoli, ai Pubblici Ministeri di Napoli, Beatrice e Narducci, quest’ultimo non per caso pubblica accusa anche nel processo dove è stata richiesta l’autorizzazione a procedere per Nicola Cosentino, sottosegretario all’economia, accusato di trescare con la camorra. Un processo che la P3, recentemente smascherata, ha tentato di bloccare.
Un tifoso può anche rifugiarsi dietro certi toni, ma chi fa il mestiere del giornalista deve avere etica, anche se in questo periodo non è di moda. Perché non si può dimenticare il processo per abuso di farmaci con la triste sfilata, davanti al giudice Casalbore, di tanti giovani calciatori bianconeri, poco più che ventenni, ma che non ricordavano nulla? Non a caso la Corte di Cassazione, riguardo al reato di frode sportiva, annullò nel 2007 l’assoluzione di Giraudo e del medico sociale Agricola emessa dalla Corte d’appello di Torino nel 2005.
I due si salvarono solo perché risultarono scaduti i termini di prescrizione. E non è meno singolare l’ingaggio di due “santoni” delle metodologie più inquietanti per aumentare il rendimento di un atleta, come il catalano Laich e l’olandese Kraaijenhof, comparsi un’estate del ’98 al ritiro della Juventus e poi, dopo che qualcuno segnalò la loro bizzarra presenza, liquidati con un assegno di cinquanta milioni di lire. La Juve era la società con più censo, più organizzazione, con l’allenatore più bravo (Lippi) e i giocatori più dotati.
Non aveva, insomma, bisogno di nulla.
Perché è scivolata in questo mare di ambiguità in una logica che pretendeva la vittoria ad ogni costo?
Nell’epoca in cui la Lega pretende un calcio solo prono ai soldi, sarebbe augurabile che i media se lo chiedessero, invece di avere imbarazzanti nostalgie.
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaarticolo straordinario, ovviamente quello di Minà. l'anonimo qua sopra è sempre il solito che di fronte a tanta eleganza risponde imbottendosi la bocca di volgarità. fatti un giro su una panchina e lascia parlare i grandi coglioncello. buona fortuna per la querela a cannavò, facci poi sapere che ti dice San Pietro
RispondiEliminaCaro anonimo, ho eliminato il tuo commento in quanto offensivo verso terzi, mi dispiace.
RispondiEliminaCaro San Pietro, dissentiamo dall'articolo ...
no, io non sono san pietro, non sono così presuntuoso! san pietro è colui che deve dare risposta all'anonimo che intende querelare il defunto cannavò.
RispondiEliminaqui di eleganza c'è solo il tentativo meschino di accusare senza lo straccio di una prova in tatale ignoranza e malafede povero il mio interista piagnone... Massimo non capisco perchè mantieni commenti molto più offensivi del mio e il mio che non era affatto volgare ma solo un po colorito...
RispondiElimina